Dalla relatività generale ai wormhole: i viaggi nello spazio-tempo

Se al centro della nostra Galassia ci fosse un wormhole? Questa è una delle tante teorie che è nata dopo che la comunità scientifica è entrata in possesso della prima fotografia di un buco nero. Da tempo, nel mondo della scienza, era universalmente accettata l'idea che al centro della nostra Galassia ci fosse un buco nero supermassiccio; tuttavia ci si è resi conto che non è possibile distinguere un buco nero da un wormhole senza poter studiare da vicino cosa effettivamente accadrebbe qualora qualcosa o qualcuno entrasse al loro interno. In realtà sappiamo per certo che un buco nero ha una struttura fisica tale da attrarre a se qualsiasi oggetto (compresa la luce) che sia sufficientemente vicino (non tragga in inganno il termine appena utilizzato, parliamo comunque di distanze molto grandi che dipendono anche da tanti parametri quali la massa e le dimensioni del buco nero) quindi qualunque essere umano decidesse di avventurarsi al suo interno morirebbe a causa delle enormi forze gravitazionali a cui sarebbe sottoposto. Inoltre un qualsiasi oggetto che entrasse in un buco nero, superato l'orizzonte degli eventi, non sarebbe più in grado di riemergere (compresa la luce) e quindi qualsiasi tentativo di comunicare con l'esterno sarebbe vano. Stesso discorso però non vale per i wormhole che sono l'argomento centrale di questa tesi. I wormhole, anche chiamati ponti di Einstein-Rosen, sono cunicoli spazio-temporali che sembrano non essere più prerogativa degli autori fantascientifici bensì "oggetti" fisici e matematici concreti che potrebbero rivoluzionare il concetto di viaggio nello spazio e nel tempo.