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Abstract
Nel secondo dopoguerra, il cinema italiano si colloca al crocevia tra ricostruzione politica, educativa e morale del Paese. In un contesto segnato dalla Guerra Fredda e dalla polarizzazione politica, la censura cinematografica, guidata dalla Democrazia Cristiana, diventa strumento di controllo ideologico e morale. In questo scenario, il Partito Comunista Italiano sviluppa una strategia culturale volta a utilizzare il cinema come mezzo di propaganda, formazione e mobilitazione politica. Centrale in questa esperienza è la Libertas Film, società nata alla fine degli anni Quaranta per produrre film capaci di affiancare l’attività editoriale del partito. La breve attività della Libertas, ostacolata da vincoli economici e censori, offre una chiave privilegiata per analizzare il rapporto tra produzione cinematografica e potere politico nella Prima Repubblica. La ricerca si concentra anche sulle “filmine” di propaganda, strumenti comunicativi più agili e spesso meno soggetti alla censura, evidenziando strategie di adattamento e differenze linguistiche tra produzioni tradizionali e materiali brevi. Attraverso l’analisi di archivi, testi e film, lo studio ricostruisce le dinamiche di controllo e resistenza del cinema comunista, mostrando come, nonostante vincoli esterni e autocensura, il PCI sia riuscito a sviluppare una forma di racconto visivo autonoma e politicamente significativa.
Abstract
Nel secondo dopoguerra, il cinema italiano si colloca al crocevia tra ricostruzione politica, educativa e morale del Paese. In un contesto segnato dalla Guerra Fredda e dalla polarizzazione politica, la censura cinematografica, guidata dalla Democrazia Cristiana, diventa strumento di controllo ideologico e morale. In questo scenario, il Partito Comunista Italiano sviluppa una strategia culturale volta a utilizzare il cinema come mezzo di propaganda, formazione e mobilitazione politica. Centrale in questa esperienza è la Libertas Film, società nata alla fine degli anni Quaranta per produrre film capaci di affiancare l’attività editoriale del partito. La breve attività della Libertas, ostacolata da vincoli economici e censori, offre una chiave privilegiata per analizzare il rapporto tra produzione cinematografica e potere politico nella Prima Repubblica. La ricerca si concentra anche sulle “filmine” di propaganda, strumenti comunicativi più agili e spesso meno soggetti alla censura, evidenziando strategie di adattamento e differenze linguistiche tra produzioni tradizionali e materiali brevi. Attraverso l’analisi di archivi, testi e film, lo studio ricostruisce le dinamiche di controllo e resistenza del cinema comunista, mostrando come, nonostante vincoli esterni e autocensura, il PCI sia riuscito a sviluppare una forma di racconto visivo autonoma e politicamente significativa.
Tipologia del documento
Tesi di laurea
(Laurea magistrale)
Autore della tesi
Simoni, Andrea
Relatore della tesi
Correlatore della tesi
Scuola
Corso di studio
Ordinamento Cds
DM270
Parole chiave
cinema italiano, dopoguerra, censura cinematografica, Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Libertas Film, filmine, propaganda politica, politica culturale, Prima Repubblica, produzione cinematografica, controllo ideologico, storia del cinema, cultura italiana, Guerra Fredda, autocensura, racconto visivo, materiali audiovisivi
Data di discussione della Tesi
6 Novembre 2025
URI
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Tipologia del documento
Tesi di laurea
(NON SPECIFICATO)
Autore della tesi
Simoni, Andrea
Relatore della tesi
Correlatore della tesi
Scuola
Corso di studio
Ordinamento Cds
DM270
Parole chiave
cinema italiano, dopoguerra, censura cinematografica, Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Libertas Film, filmine, propaganda politica, politica culturale, Prima Repubblica, produzione cinematografica, controllo ideologico, storia del cinema, cultura italiana, Guerra Fredda, autocensura, racconto visivo, materiali audiovisivi
Data di discussione della Tesi
6 Novembre 2025
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