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Abstract
Nel corso dell’ultimo secolo la definizione di “autismo” è cambiata in maniera significativa rispetto a quella inizialmente proposta da Kanner, pioniere nell’ambito della ricerca sull’autismo. Il più significativo cambiamento è in particolare costituito dal passaggio da una definizione dicotomica a una visione continua dell’autismo, con il conseguente conio del termine “disturbi dello spettro autistico” (abbr. DSA). Questo cambiamento paradigmatico è associato alla presa di coscienza che questi disturbi si presentano con caratteristiche ed entità diverse da individuo a individuo. Inoltre, sono crescenti le evidenze che suggeriscono la presenza di tratti autistici anche al di fuori della popolazione clinica. In linea con queste osservazioni, l’obbiettivo del mio lavoro di tesi è stato quello di verificare come i pattern di connettività variano fra soggetti ad alto e basso tratto autistico non affetti da disturbi psichiatrici o clinici, nonché di verificare se questi pattern di connettività esibiscono una continuità con quanto osservato in letteratura su soggetti diagnosticati con DSA. A tale scopo, sono stati ottenuti i tracciati EEG da quaranta partecipanti allo studio. Per mezzo della causalità di Granger sono state ottenute le connettività. Le connettività sono state sottoposte sia a test di tipo statistico (Monte Carlo testing) che ad una analisi della centralità mediante l’impiego della teoria dei grafi. I risultati ottenuti per soggetti a basso tratto autistico sembrano accordarsi con quanto riportato in letteratura. Cionondimeno, la presenza nel gruppo ad alto tratto autistico di alcuni importanti outlier (soggetti con connettività estremamente elevate in una sola direzione) impedisce di raggiungere risultati definitivi. In particolare, i p-value elevati associati sia alle misure di centralità che alle connessioni sembrerebbero essere sintomatici di risultati non statisticamente significativi.