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Abstract
Dalla pubblicazione delle "Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana" di Alma Sabatini, nel 1987, si è diffusa anche in Italia la discussione sul sessismo nella pratica linguistica. A distanza di trent'anni rimane acceso il dibattito attorno alla visibilità femminile nella lingua, in particolare per quanto riguarda i nomi di professioni prestigiose o cariche istituzionali che incontrano, ancora, avversione e critiche. La riflessione è però andata oltre al solo genere femminile e si è cominciato a riflettere su come rappresentare tutti i genere nella lingua. Grazie, infatti, alle teorie anti-essenzialiste di Judith Butler si comprende ora che il genere non è prodotto di un'essenza pre-esistente in natura, ma piuttosto una costruzione sociale e culturale. Per questo motivo, si vede oggi che il binario di genere uomo-donna non è più adeguato a riflettere la realtà, ma che ci sono molteplici interpretazioni del genere e della propria identità di genere. Una di queste è l'identità di genere non-binaria, da cui scaturisce il bisogno di alternative rispetto alle desinenze standard maschile e femminile. Sono perciò comparse varie proposte, tra cui lo schwa, che sta attualmente prendendo piede nell'ambiente attivista italiano e che, in seguito alla decisione di un comune emiliano di usarlo nelle proprie comunicazioni social, è stato anche oggetto di attenzioni da parte di giornali e riviste, che non hanno risparmiato le critiche e le beffe, tanto nei confronti dello schwa quanto delle istanze dell'inclusività linguistica.
Abstract
Dalla pubblicazione delle "Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana" di Alma Sabatini, nel 1987, si è diffusa anche in Italia la discussione sul sessismo nella pratica linguistica. A distanza di trent'anni rimane acceso il dibattito attorno alla visibilità femminile nella lingua, in particolare per quanto riguarda i nomi di professioni prestigiose o cariche istituzionali che incontrano, ancora, avversione e critiche. La riflessione è però andata oltre al solo genere femminile e si è cominciato a riflettere su come rappresentare tutti i genere nella lingua. Grazie, infatti, alle teorie anti-essenzialiste di Judith Butler si comprende ora che il genere non è prodotto di un'essenza pre-esistente in natura, ma piuttosto una costruzione sociale e culturale. Per questo motivo, si vede oggi che il binario di genere uomo-donna non è più adeguato a riflettere la realtà, ma che ci sono molteplici interpretazioni del genere e della propria identità di genere. Una di queste è l'identità di genere non-binaria, da cui scaturisce il bisogno di alternative rispetto alle desinenze standard maschile e femminile. Sono perciò comparse varie proposte, tra cui lo schwa, che sta attualmente prendendo piede nell'ambiente attivista italiano e che, in seguito alla decisione di un comune emiliano di usarlo nelle proprie comunicazioni social, è stato anche oggetto di attenzioni da parte di giornali e riviste, che non hanno risparmiato le critiche e le beffe, tanto nei confronti dello schwa quanto delle istanze dell'inclusività linguistica.
Tipologia del documento
Tesi di laurea
(Laurea)
Autore della tesi
Menghi, Francesca
Relatore della tesi
Scuola
Corso di studio
Ordinamento Cds
DM270
Parole chiave
LGBTQ+,sessismo,inclusività,binarismo di genere,italiano inclusivo
Data di discussione della Tesi
20 Luglio 2021
URI
Altri metadati
Tipologia del documento
Tesi di laurea
(NON SPECIFICATO)
Autore della tesi
Menghi, Francesca
Relatore della tesi
Scuola
Corso di studio
Ordinamento Cds
DM270
Parole chiave
LGBTQ+,sessismo,inclusività,binarismo di genere,italiano inclusivo
Data di discussione della Tesi
20 Luglio 2021
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