Sviluppo di un modello ad elementi finiti per lo studio del numero di coil da utilizzare per un'embolizzazione patient-specific dell'aneurisma dell'aorta addominale a seguito di intervento EVAR

L’aneurisma dell’aorta addominale è una patologia molto diffusa (circa 38 casi su 100.000) che colpisce prevalentemente gli uomini sopra i 65 anni. Il trattamento terapeutico previsto in alternativa alla chirurgia a cielo aperto è la riparazione mediante tecnica mininvasiva endovascolare dell’aneurisma (EVAR), che può essere accompagnata o meno dall’embolizzazione della sacca aneurismatica, per prevenire il rischio di endoleak. Diverse sono le tecniche utilizzate per la trombizzazione; una delle più comunemente applicate prevede l’inserimento endovascolare di coil tramite catetere di rilascio. Risulta particolarmente critico stabilirne il numero ottimale da usare. Lo scopo di questa Tesi è quello di sviluppare un modello ad elementi finiti patient specific di un aneurisma dell’aorta addominale, sottoposto a EVAR, per simularne l’embolizzazione tramite coil, così da avere uno strumento per guidare il chirurgo nella scelta del loro numero ottimale, sulla base di valutazioni legate all’anatomia specifica del paziente, al Peak Wall Stress e alla posizione che le stesse possono occupare, al fine di evitare il rischio di rottura. Lo studio è partito dalla simulazione del comportamento a memoria di forma di una singola spirale, modellata con elementi Linea, rilasciata dal catetere nel vuoto, e successivamente si è impostato il sistema completo con l’aneurisma. A quest’ultimo è stato assegnato un comportamento iperelastico isotropo ed è stato modellato con tre geometrie diverse, partendo da un semplice cilindro fino ad arrivare a quella patient specific. I risultati ottenuti sono la base per ulteriori simulazioni che consentiranno di assumere per le pareti dell’aneurisma un comportamento non più rigido e di incrementare progressivamente il numero di coil per modellarne il deployment, cosa che non è stata possibile in questa fase principalmente per i limiti dell’hardware usato (in particolare della scheda grafica), che avrebbe richiesto tempi computazionali troppo lunghi.