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Abstract
La traduzione è una disciplina che accompagna la storia dell'uomo da secoli. In virtù della sua longevità, oggigiorno si presenta suddivisa in numerosissime branchie, una delle quali è la localizzazione videoludica. Nonostante siano stati condotti diversi studi accademici, risulta ancora piuttosto inesplorata, eppure il medium relativo offre innumerevoli casi interessanti da studiare.
Uno di essi è la serie che ha dato il titolo all'elaborato: Dragon Quest. Appartenente al genere J-RPG e nata in Giappone nel lontano 1986, è arrivata in Italia quasi vent'anni dopo il suo debutto, ma si è contraddistinta subito per la sua peculiare localizzazione. Dragon Quest è infatti un caso di traduzione creativa talmente singolare che per molti viverne i dialoghi può diventare un'esperienza parallela a quella offerta dai videogiochi stessi.
Visto l'enorme successo che ha riscosso, e riscuote a tutt'oggi, in terra madre, come si presenta la sua versione originale? È pregna della medesima ricchezza linguistica della localizzazione nostrana, oppure quest'ultima ha voluto riproporre la varietà del giapponese avvalendosi degli strumenti a disposizione dell'italiano?
Il caso analizzato nell'elaborato, forse meglio di altri, potrebbe essere in grado di far luce sulla differenza tra "traduzione" e "localizzazione", e contemporaneamente mettere in risalto la "transcreation", un concetto di traduzione creativa che appare molto più adatto a categorizzare il lavoro svolto nell'adattamento dei titoli.
Abstract
La traduzione è una disciplina che accompagna la storia dell'uomo da secoli. In virtù della sua longevità, oggigiorno si presenta suddivisa in numerosissime branchie, una delle quali è la localizzazione videoludica. Nonostante siano stati condotti diversi studi accademici, risulta ancora piuttosto inesplorata, eppure il medium relativo offre innumerevoli casi interessanti da studiare.
Uno di essi è la serie che ha dato il titolo all'elaborato: Dragon Quest. Appartenente al genere J-RPG e nata in Giappone nel lontano 1986, è arrivata in Italia quasi vent'anni dopo il suo debutto, ma si è contraddistinta subito per la sua peculiare localizzazione. Dragon Quest è infatti un caso di traduzione creativa talmente singolare che per molti viverne i dialoghi può diventare un'esperienza parallela a quella offerta dai videogiochi stessi.
Visto l'enorme successo che ha riscosso, e riscuote a tutt'oggi, in terra madre, come si presenta la sua versione originale? È pregna della medesima ricchezza linguistica della localizzazione nostrana, oppure quest'ultima ha voluto riproporre la varietà del giapponese avvalendosi degli strumenti a disposizione dell'italiano?
Il caso analizzato nell'elaborato, forse meglio di altri, potrebbe essere in grado di far luce sulla differenza tra "traduzione" e "localizzazione", e contemporaneamente mettere in risalto la "transcreation", un concetto di traduzione creativa che appare molto più adatto a categorizzare il lavoro svolto nell'adattamento dei titoli.
Tipologia del documento
Tesi di laurea
(Laurea)
Autore della tesi
D'Amico, Claudio
Relatore della tesi
Scuola
Corso di studio
Ordinamento Cds
DM270
Parole chiave
Dragon Quest,Traduzione,Localizzazione,Transcreation,Traduzione creativa,Localizzazione videoludica,Videogiochi,Analisi,Discussione,Italiano,Giapponese,Lingue,RPG,J-RPG,Role-Playing Game,GDR,Gioco di ruolo
Data di discussione della Tesi
3 Ottobre 2019
URI
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Tipologia del documento
Tesi di laurea
(NON SPECIFICATO)
Autore della tesi
D'Amico, Claudio
Relatore della tesi
Scuola
Corso di studio
Ordinamento Cds
DM270
Parole chiave
Dragon Quest,Traduzione,Localizzazione,Transcreation,Traduzione creativa,Localizzazione videoludica,Videogiochi,Analisi,Discussione,Italiano,Giapponese,Lingue,RPG,J-RPG,Role-Playing Game,GDR,Gioco di ruolo
Data di discussione della Tesi
3 Ottobre 2019
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